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"Porto di Mare", conflitti al sole del Salento

Gianluca camerino porta sullo schermo il romanzo di Livio Romano

di Francesco Farina

CORRIRE DEL MEZZOGIORNO –Spettacoli

Terminato il sesto episodio del film “allevante”, prodotto dalla provincia di Lecce per il prossimo “Negroamaro”

LECCE –  Dal cappello cilindro di A Levante prende forma l’incontro tra un giovane regista leccese ed uno scrittore salentino già affermato. Nasce così Porto  di mare (sesto e penultimo episodio dell’ avventura cinematografica prodotta dalla provincia di Lecce e dalla Saietta film di Edoardo Winspeare) diretto da Gianluca camerino e scritto da Livio romano che, insieme ad Andrea Baccassino, ha curato la trasposizione del suo racconto pubblicato da Sironi lo scorso anno.

Le location prescelte per le riprese sono ovviamente le stesse del libro, ambientato a Nardò e sulla costa ionica circostante, una delle più sorprendenti del Salento, che include il parco naturale di Porto Selvaggio e di Serra Cicora. Paesaggi che si candidano istintivamente a sollecitare un registro cinematografico di forte impatto visivo e che, anzi, sono aspetti essenziali della vicenda raccontata da Romano.

Porto di mare è infatti la storia di un gruppo di salentini che si imbatte nei sentieri impervi dell’amministrazione locale, nel tentativo di approntare un’ecologica forma di imprenditoria giovanile e allestire un piccolo stabilimento balneare con strutture mobili, legno e corde: il tutto nel rispetto dell’ambiente e del patrimonio naturale dei luoghi. Al momento di richiedere le specifiche autorizzazioni e licenze, salta fuori che sulla stessa porzione di costa si sono già estese le mire di alcuni imprenditori senza scrupoli che, agendo con sotterranea malaf ede, progettano la costruzione di un porto turistico. La vicenda si trasferisce, quindi, sul terreno della lotta e della resistenza politico ambientale che anima i nostri protagonisti e li riunisce in comitato per salvare la costa minacciata dal profitto, ma non solo: la divagazione letteraria diventa anche il mezzo, per l’autore, di aprire piccoli squarci ironici di appassionata quotidianità sul personaggi e sul Sud in generale.

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Sulla trama di Porto di Mare si allungano anche le ombre del fantasma di Renata Fonte, assessore consigliere comunale assassinata diciannove anni fa in circostanze che, in parte, riguardavano la sua posizione politica in difesa dell’ambiente proprio in relazione alla più volte paventata possibilità di un impiego turistico edilizio del parco di  Porto Selvaggio. Episodio, il primo nel Salento a collocarsi a metà strada tra il delitto politico con sottofondo mafioso e il sacrificio di matrice ambientalista, ha segnato  in maniera indelebile la compagine neretina, innestando nel piccolo centro  pugliese –  fino ad allora confortato dal quieto vivere di una società assestata sulla avvicendarsi di volti familiari che si salutano e si riconoscono nella reiterazione dei percorsi quotidiani –  il dubbio velenoso della presenza di interessi e coinvolgimenti non proprio meritevole di fiducia e di umana solidarietà. È proprio su questo sospetto che si inserisce l’acume narrativo di Livio Romano per il quale, però, Porto di mare è anche un più vasto palcoscenico cui lasciar rappresentare un ritratto generazionale che scolpisce e riproduce tutta una serie di malesseri cronici, fortemente connotati territorialmente e tuttavia estensibili per analogia al vivere in un qualunque meridione d’Italia.

Nel passaggio dalla letteratura alle immagini, Porto di mare, (le cui riprese sono appena terminate),  ha accorpato personaggi e ne ha creati di nuovi, personificando l’io narrante nella figura di un professore interpretato sullo schermo da Luigi Lezzi. Gli altri attori sono Lamberto Probo, già protagonista del Sangue vivo di Edoardo Winspeare e Angela De Gaetano, sorprendente scoperta di Koreja rivelatasi in occasione delle Azioni suicide di Kane- Gonella. Accanto a loro si alternano Dario Muci, Giancarlo Paglialunga, Pierpaolo Bisconti e Marta Vignola.

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La dote attorale di Angela De Gaetano è frutto di un lungo lavoro di studio e di preparazione - oseremo dire “odiniana” con quella precisa cura che l’attore fa del prepararsi e dello stare in scena tendando l’esatto calibro dell’energia, prima di tutto fisica, perchè è in quella che abita il segreto poetico della sua “macchina”.
(Mauro Marino)

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La dote attorale di Angela De Gaetano è frutto di un lungo lavoro di studio e di preparazione - oseremo dire “odiniana” con quella precisa cura che l’attore fa del prepararsi e dello stare in scena tendando l’esatto calibro dell’energia, prima di tutto fisica, perchè è in quella che abita il segreto poetico della sua “macchina”.
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